Il paese degli ayatollah va alle urne tra misure eccezionali di sicurezza, incertezza econonica, povertá crescente, disoccupazione, opposizione imbavagliata e uno scenario internazionale devastante
L’Iran oggi va alle urne tra misure di sicurezza eccezionali senza speranza di poter cambiare con il proprio voto le sorti del paese e senza grandi aspettative. I falchi del regime degli ayatollah ormai controllano ogni apparato dello stato, magistratura compresa. E puntano ad ottenere anche l’imprimatur popolare. Ecco perché il vero test di queste elezioni sará l’affluenza ai seggi – nel 2020 fu del 42%, la piú bassa dalla nascita della Repubblica islamica- che conterá piú del risultato che di per sé é scontato. “Votare serve agli interessi nazionali e non ai partiti politici, se la partecipazione è debole non ci saranno benefici per nessuno e ci sarà invece un danno per tutti”, ha detto la Guida Suprema Ali Khamenei -che è stato il primo a dare l’esempio recandosi questa mattina al seggio elettorale dell’Imam Khomeini Hussainia, nel centro di Teheran-rivolgendosi ai giovani che votano per la prima volta e che sono oltre 3 milioni e mezzo di elettori. Parole, dalle quali traspare che la situazione è pienamente sotto controllo per quanto riguarda l’esito finale, ma non per il modo in cui ci si arriverá. La preoccupazione dominante ai vertici dello stato islamico è che possano anche ripetersi gli incidenti che caratterizzarono le parlamentari del 2020 e le presidenziali di due anni fa, vinte da Ebrahim Raisi, sullo sfondo di uno scenario ancora piú cupo caratterizzato da un’economia resiliente ma compressa, segnata da un tasso di inflazione tra i più alti del mondo, dovuto alle dure sanzioni statunitensi e all’ accordo ormai comatoso sul nucleare. Da disoccupazione alle stelle e da crescenti tensioni sociali aumentate a causa della guerra di Israele a Gaza.
Sono piú di 15.000 i candidati in gara per un seggio alla maglis, il parlamento composto da 290 membri, che costituisce l’ Assemblea consultiva islamica. Ma tra loro non ce n’è nessuno “indesiderato”. Le selezioni sono state accuratamente effettuate dal Consiglio dei Guardiani che ha passato al vaglio ben 48 mila richieste, scartando tutti gli aspiranti deputati che non apparivano in linea con i valori del regime. Quelli che sono stati ammessi tuttavia sono piú del doppio delle scorsi elezioni e cosí anche la donne: 1.713 contro le 819 di quattro anni fa. E certo non sará facile per gli elettori scegliere tra una media a seggio di 54 candidati. Gli iraniani dovranno anche eleggere questa volta gli 88 membri che compongono l’Assemblea degli esperti, l’organismo che ha il potere di eleggere e destituire il leader supremo del paese.
Sono 61 milioni gli elettori e sondaggi condotti dall’estero stimano che non si recherá alle urne il 65 % con punte di astensionismo piú elevate nelle grandi cittá. Una forma di protesta silenziosa che divide anche il fronte riformista, con l’ex presidente Mohammad Khatami che ha chiesto ai suoi sostenitori di non mancare l’appuntamento elettorale e altri che hanno fatto appello a disertare le urne.
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