di Guido Talarico
“Il caso Kaufmann” di Giovanni Grasso, edito da Rizzoli, è certamente uno dei libri di maggior successo del 2019. Lo dice la critica, lo testimonia l’apprezzamento del pubblico certificato dalle continue presentazioni che l’autore è stato costretto a fare in giro per l’Italia, naturalmente prima dell’ultima crisi politica. Grasso, per chi non lo sapesse, è infatti il consigliere per la stampa e la comunicazione del Quirinale e come tale l’ultimo mese lo ha trascorso evidentemente al Colle. Ma torniamo al libro. Il perché di tanto gradimento risiede in due fattori evidenti. Il primo è che si tratta di una storia vera, quella del presidente della Comunità ebraica di Norimberga, Leo Katzenberger (nel racconto trasformato in Kaufmann), il secondo è che Grasso è un profondo studioso di questioni ebraiche e segnatamente delle persecuzioni razziali che ebbero luogo nella Germania del primo ‘900. Dico fattori evidenti proprio perché una storia vera e drammatica quando raccontata con accuratezza da un buon conoscitore della materia di solito ottiene successo. Tuttavia “Il caso Kaufmann” va ben oltre questa regola. Le ragioni del gradimento ottenuto dal romanzo vanno ricercate proprio nella penna di Grasso che ha saputo tratteggiare il profilo umano ed esistenziale di Katzenberger con una delicatezza della narrazione resa straordinaria proprio dal contrasto con le vicende aberranti vissute dal protagonista. Leo è un anziano ebreo benestante, vessato dal dolore per la perdita della moglie e per la crescente minaccia nazista. Ad un tratto la sua vita di anziano vagamente depresso viene stravolta da una relazione intensa a tratti struggente con Irene, una ventenne “ariana” trasferitasi a Norimberga per studiare fotografia. Una relazione che non diventa un rapporto vero e proprio soltanto a causa della differenza di età tra i due. La storia di Leo e Irene è impossibile per tante ragioni: tutto gioca a loro sfavore, dall’età alle evidenti diversità sociali e culturali. Ma naturalmente lo spartiacque diventano le leggi razziali. Un ebreo che riveste anche un incarico istituzionale in seno alla sua comunità non può avere una relazione con una giovanissima tedesca negli anni in cui cresce il fervore antisemitico e suprematista. Grasso descrive con mano felice sia i lati sentimentali del legame tra Leo e Irene che gli aspetti storici dell’epoca fino a quelli giuridici della vicenda legale che la coppia fu costretta ad affrontare. Entra nei dettagli, descrive l’intimo vortice di sentimenti che stravolge la coppia, pizzica le corde dell’amore e dell’indignazione con pari forza. “Il caso Kaufmann” pur narrando una storia tragica ed impossibile lascia tuttavia entrare una luce nel cuore di chi legge. Descrive l’abominio sommandolo alle asperità di vite complicate ma poi finisce per ricordare che il cammino dell’umanità è sempre riuscito a superare anche le prove più difficili. Buddha nei sui scritti disse che “L’odio non può mai fermare l’odio; solo l’amore può farlo, è legge antica”. Grasso, un po’ come fecero Roberto Benigni e Vincenzo Cerami ne “La vita è bella”, ha trovato nel sentimento più delicato il modo di raccontare una delle tragedie più gravi del secolo scorso.