Il presidente della Repubblica nelle celebrazioni del 78esimo anniversario della Liberazione ha voluto parlare della Costituzione, allontanando ogni istanza revisionista. La premier si è affidata ad una lettera inviata al Corriere della Sera in cui, pur riconoscendo l’importanza del 25 aprile ha voluto ridurne la portata per concludere affermando che i partiti di destra in Parlamento hanno rinnegato qualsiasi “nostalgia dal fascismo”
di Carlo Longo
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha partecipato alle celebrazioni del 78esimo anniversario della Liberazione in maniera ferma e decisa. Il capo dello Stato, in visita in alcuni luoghi piemontesi simbolo della resistenza, ha voluto ripercorrere la storia partendo dalla Costituzione. La carta costituzionale – ha detto Mattarella- “figlia della lotta antifascista” e “frutto del 25 aprile”, nata “dove caddero i partigiani”, in quel “moto di popolo” che fu la Resistenza, “rivolta morale di patrioti” che permise una “nuova Italia” dopo l’abisso del fascismo.
Il presidente della Repubblica, nel discorso a Cuneo, rievocando la nascita della Repubblica ha citato Piero Calamandrei, uno dei padri della Costituzione, una volta in apertura del discorso sul sangue dei partigiani e la seconda in chiusura, ricordando la risposta che Calamandrei mandò al comandante delle forze di occupazione naziste, Kesserling: “Ora e sempre Resistenza”. Nel mezzo del discorso Mattarella ha voluto fare un omaggio alla Repubblica, alla sua storia e ricordare ampiamente che le fondamenta repubblicane poggiano proprio sulla carta costituzionale. Appare chiaro, quindi, l’atteggiamento di Mattarella a fronte di qualsiasi tipo di istanza revisionista.
Il 25 aprile di Giorgia Meloni
Giorgia Meloni, per il suo primo 25 aprile in veste di presidente del Consiglio, ha voluto scrivere una lettera aperta affidata al Corriere della Sera. Ha definito la festa della Liberazione come un “momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia”.
Meloni ha voluto ricordare che dal 25 aprile, in Italia è nata “una democrazia nella quale nessuno sarebbe disposto a rinunciare alle libertà guadagnate. Nella quale, cioè, libertà e democrazia sono un patrimonio per tutti, piaccia o no a chi vorrebbe che non fosse così. E questa non solo è la conquista più grande che la nostra Nazione possa vantare ma è anche l’unico, vero antidoto a qualsiasi rischio autoritario”.
“Per questo non comprendo le ragioni per le quali, in Italia, proprio fra coloro che si considerano i custodi di questa conquista vi sia chi ne nega allo stesso tempo l’efficacia, narrando una sorta di immaginaria divisione tra italiani compiutamente democratici e altri, presumibilmente la maggioranza a giudicare dai risultati elettorali, che pur non dichiarandolo sognerebbero in segreto un ritorno a quel passato di mancate libertà”, ha scritto la presidente del Consiglio.
Giorgia Meloni nella sua missiva ha voluto evidenziare che “il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana. Da quel paziente negoziato volto a definire princìpi e regole della nostra nascente democrazia liberale, esito non unanimemente auspicato da tutte le componenti della Resistenza, scaturì un testo che si dava l’obiettivo di unire e non di dividere, come ha ben ricordato alcuni giorni fa su queste pagine il professor Galli della Loggia. Nel gestire quella difficile transizione, che aveva già conosciuto un passaggio significativo con l’amnistia voluta dall’allora ministro della Giustizia Togliatti, i costituenti affidarono dunque alla forza stessa della democrazia e della sua realizzazione negli anni il compito di includere nella nuova cornice anche chi aveva combattuto tra gli sconfitti e quella maggioranza di italiani che aveva avuto verso il fascismo un atteggiamento «passivo». Specularmente, chi dal processo costituente era rimasto escluso per ovvie ragioni storiche, si impegnò a traghettare milioni di italiani nella nuova repubblica parlamentare, dando forma alla destra democratica. Una famiglia che negli anni ha saputo allargarsi, coinvolgendo tra le proprie fila anche esponenti di culture politiche, come quella cattolica o liberale, che avevano avversato il regime fascista. È nata così una grande democrazia, solida, matura e forte, pur nelle sue tante contraddizioni, e che nel lungo Dopoguerra ha saputo resistere a minacce interne ed esterne, rendendo protagonista l’Italia nei processi di integrazione europea, occidentale e multilaterale”.
Ad ogni modo la premier ha voluto, quasi, ridimensionare la portata storica della festività, ricordando che “Il 25 Aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni anti ebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale. Purtroppo, la stessa data non segnò anche la fine della sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il popolo italiano, che in alcuni territori si protrasse e divise persino singole famiglie, travolte da una spirale di odio che portò a esecuzioni sommarie anche diversi mesi dopo la fine del conflitto. Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre”.
In chiusura una dichiarazione volta ad affrancare il governo da lei guidato da ogni dubbio. “Da molti anni, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo”, ha concluso Giorgia Meloni.
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