di Guido Talarico

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L’amministrazione difende la scelta protezionista, ma crescono i timori tra investitori, pensionati ed elettori repubblicani. Uno studio di Intesa Sanpaolo presentato agli imprenditori italiani riuniti a New York da AmCham, spiega che a fronte di uno scenario complesso il pericolo maggiore per ora arriva dal clima di incertezza

di Guido Talarico

New York –  Uno studio sui dazi americani coordinato da Luca Mezzomo, responsabile Macroeconomic Analysis di Intesa Sanpaolo, spiega che ancora grande è l’incertezza sotto i cieli della finanza internazionale e che è proprio l’incertezza il problema maggiore di queste settimane. Presentando a New York ad un gruppo di imprenditori italiani, arrivati negli Usa con l’American Chamber of Commerce in Italy, associazione presieduta da Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer della stessa Intesa Sanpaolo, e coordinata da Simone Crolla, lo studio ha fornito un dettagliato quadro macroeconomico dell’attuale situazione americana che potrà essere di particolare utilità anche alla nostra Premier Giorgia Meloni in vista del sui arrivo a Washington tra qualche giorno. Lo scenario tratteggiato, che analizza i singoli fattori sia della produzione che del commercio, fa infatti ben comprendere quanto nella complessità del momento l’elemento più critico appare proprio l’incertezza. Un tema che come vedremo più avanti è portato avanti anche da banchieri e analisti americani.

Nel confronto con gli imprenditori italiani organizzato da AmCham nella sede di Intesa Sanpaolo a New York è tuttavia emersa anche una certa tranquillità di fondo. Un atteggiamento positivo di chi punta a fare passare questo momento di tensione con i minori danni possibili per poi ripartire. In questa direzione emblematiche le parole di Tommaso Bruso Ceo di Eataly. “Noi lavoriamo sulla qualità – ha spiegato – dunque chi vuole i nostri prodotti non si fermerà davanti a qualche aumento dovuto ai dazi. Restiamo ottimisti guardando alle opportunità che ci si presentano”. Un cauto ottimismo alquanto diffuso soprattutto tra chi pensa che primo o poi anche Washington dovrà mettere i piedi per terra e tornare ad una normalità. Ed è questo il contesto che attende la nostra Presidente del Consiglio, che dunque proprio per superare questo momento dovrà provare ad affrontare i nodi che, nella relazione bilaterale, trovano il maggiore ostacolo nell’obiettivo ricordato dalla stesso Vice presidente J.D. Vance di portare la nostra spesa militare al 5% del Pil. Un obiettivo impossibile per l’Italia che oggi sta all’1.5%. Prima ancora dei dazi è questo dunque lo scoglio principale che Meloni dovrà affrontare.

Sul fronte americano i pareri sono ancora contrastanti. Con l’amministrazione che getta acqua sul fuoco e i banchieri che scottati da settimane di altalene e perdite colossali alzano le voci di allarme.  La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, ad esempio, ha ribadito che Donald Trump, rieletto “con un ampio consenso”, chiede agli americani di rinnovare la fiducia nella sua strategia commerciale. Lewis Eisenberg, ex ambasciatore statunitense in Italia e vicino a Trump, ha dichiarato al Corriere della Sera durante il gala del Niaf a New York di essere “molto preoccupato”. Leavitt, però, ha rilanciato l’ottimismo del presidente per un’intesa con la Cina, sottolineando che numerosi Paesi hanno già presentato offerte per evitare l’imposizione dei dazi. Tra gli italo americani presenti al Niaf non tutti per la verità appaiono preoccupati. Molti, conoscendo bene Trump, spiegano le tensioni come un fatto necessario voluto da chi è sempre stato un duro negoziatore.

Fatto sta che le ritorsioni commerciali cinesi stanno generando instabilità sui mercati, e la fiducia dei consumatori americani è scesa ai minimi da dieci anni. Larry Fink, CEO di BlackRock, ha parlato apertamente di una possibile recessione già in corso, mentre il presidente della Fed di New York, John Williams, prevede un’inflazione tra il 3,5% e il 4% nel 2025. Al contrario, la Casa Bianca punta su una futura ripresa economica trainata dalla deregulation e dall’allentamento delle normative ambientali. Intanto, anche il consenso per Trump mostra segnali di erosione: un sondaggio Economist/YouGov segnala un calo di 14 punti nella sua popolarità rispetto all’inizio del mandato. Anche se il Partito Repubblicano si mostra unito pubblicamente, l’approssimarsi delle elezioni di midterm del 2026 alimenta preoccupazioni interne. Alcuni osservatori ricordano che Trump ha ancora tre anni per ottenere risultati concreti, ma la maggior parte degli elettori preferisce un equilibrio tra Congresso e Casa Bianca, non un potere monocolore.

L’incertezza economica colpisce in particolare i pensionandi americani, spesso repubblicani, i cui risparmi sono legati a fondi 401(k) sensibili all’andamento dei mercati. Il senatore Thom Tillis ha dichiarato: “Queste persone hanno votato per Trump e per me, e ora stanno guardando i propri conti pensione con ansia”. I dazi restano una misura divisiva. Secondo Reuters/Ipsos, il 52% degli americani ritiene che gli USA siano penalizzati dagli scambi commerciali, ma solo il 13-14% sostiene fortemente le tariffe imposte da Trump. Nel sondaggio YouGov, la metà degli intervistati ritiene che il presidente non comprenda pienamente il funzionamento del commercio internazionale, e persino tra i suoi elettori c’è disaccordo. Il 57% respinge l’idea che un disavanzo commerciale indichi automaticamente uno scambio “ingiusto”.

Tuttavia, i dazi contro la Cina godono di maggiore supporto. Una rilevazione del Pew Center rivela che il 46% degli americani pensa che la Cina sia la principale beneficiaria degli scambi con gli USA, contro il 29% che indica Canada o Messico. Nonostante tutto, Trump, come per altro segnalato da molti italo americani presenti al Niaf, conserva un ampio consenso, figlio una base elettorale solida: secondo un sondaggio del Washington Post, il 44% degli imprenditori manifatturieri che lo hanno votato crede che i dazi favoriranno il proprio settore, mentre un altro 30% li considera dannosi. Una parte consistente del suo elettorato è pronta ad accettare sacrifici a breve termine in cambio di benefici futuri. Insomma, incertezza e tinte contrastanti. Per questo le prossime settimane appaiono decisive.

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L’articolo I dazi di Trump continuano ad agitare i mercati. La sfida della Premier Giorgia Meloni a pochi giorni dal suo arrivo negli Usa proviene da Associated Medias.