Un contrito Calenda in abito scuro annuncia sui social la rottura con Renzi, scaricandogli una serie di responsabilità. L’ex premier per ora tace ma c’ò da scommettere che la fase Zen sia vicina alla fine

di Carlo Longo

In un lungo messaggio video sui social Carlo Calenda annuncia la rottura con Matteo Renzi e di fatto la fine di questo ennesimo progetto politico centrista: “Lo stop – ha detto il fondatore di Azione – deriva dalla scelta di Italia Viva di non votare un documento ieri che avevano dichiarato essere già letto e condiviso. Dietro tutto questo c’è solo un fatto: Renzi tornato alla guida di Italia Viva da pochi mesi non ha alcuna intenzione di liquidarla in un nuovo partito. Scelta legittima ma contrastante con le promesse fatte agli elettori. Dopo mesi di tira e molla ne abbiamo semplicemente preso atto. In un clima volutamente avvelenato da insulti personali da parte di Renzi e di quasi tutti gli esponenti di Italia Viva a Carlo Calenda“.

Per ora nessuna reazione da Renzi, che evidente continua nella sua fase Zen, cioè di una sorta di silenzio meditativo che si è autoimposto diceva per non accendere polemiche in una fase delicata. Anche se ora c’è da scommettere che dopo le parole di Calenda questa fase  Zen avrà vita assai breve.

La crisi per altro era nell’aria da settimane. Renzi e Calenda erano ai ferri corti da tempo. Una tensione che cresceva in vista del congresso che avrebbe dovuto condurre alla fusione dei due partiti, Italia Viva e Azione. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata forse la scelta di Renzi di accettare la direzione del Riformista e forse, dicono alcune fonti, anche la malattia di Silvio Berlusconi che ha rimesso in moto una serie di ragionamenti anche tra gli ex di Forza Italia, Mara Carfagna e Maria Stella Gelimi in primis.

Mi sembra che nessuno voglia fare più niente. Calenda e Renzi alla fine non riescono a stare insieme e secondo me si spacca tutto” aveva rivelato profeticamente a Rainews una fonte di Italia Viva che aveva preferito rimanere anonima. Secondo i renziani “La vera ragione per cui Carlo è impazzito è che ha capito che qualcuno di noi vuole candidarsi contro di lui”. Luigi Marattin è il nome che circolava con insistenza quale possibile avversario del leader di Azione nella corsa alla segreteria del partito unico. Non solo. “Azione potrebbe perdere pezzi: Carfagna potrebbe lasciare” è stata la previsione di chi vede l’ex ministra del Mezzogiorno “pronta a tornare in FI”.

Viceversa, fonti di Azione avevano parlato di “tatticismi insopportabili da parte di Renzi. Il nodo è che Renzi, tornato a fare il segretario di IV, non vuole scioglierla e non vuole destinare il 2×1000 al nuovo partito. Il ragazzo sui soldi non scherza” è l’accusa di Azione, che però viene liquidata dai diretti interessati come “sciocchezze”.

In relazione all’accusa di tatticismi ha risposto il deputato di IV Davide Faraone: “Stiamo aspettando che Calenda convochi il tavolo di lavoro delle regole, stiamo aspettando che Calenda convochi il comitato politico, stiamo aspettando che Calenda spieghi come candidarsi al congresso. I tatticismi sono tutti di Calenda, non di Renzi”.

L’origine della discordia tra Renzi e Calenda sembra debba essere ricondotta, come dievamo, alla decisione di Renzi di assumere, dal prossimo 3 maggio, la direzione del Riformista. Sul punto Calenda esplicitamente lo ha invitato a desistere,  chiedendogli di  “non confondere” politica e informazione. Sul punto si è espresso anche il capogruppo di Azione alla Camera, Matteo Richetti, che ha esplicitamente detto:  “Deve decidere se fare politica o informazione”, ribadisce una volta di più Richetti.

Se Carlo ha cambiato idea, lo dica” aveva detto Renzi. “Per quanto concerne Azione – aveva risposto Calenda – la prospettiva di un partito dei liberal-democratici aperto e inclusivo resta l’unica via utile al paese. Va perseguita seriamente e rapidamente con i soggetti realmente interessati. Polemiche da cortile non ci interessano e non vi prenderemo parte”.

Parole, minacce, polemiche e stracci che volavano ad alzo zero. Fino all’uscita finale di un Calenda messosi in un formalissimo abito e cravatta blu per la sua reprimenda sui social. Le accuse non finiranno qui, il nuovo partito sembra invece giunto al capolinea. Come del resto tutte quelle esperienze partitiche che nel tempo hanno aspirato a conquista quest’area di mezzo che forse è più una fantasia politica che una realtà elettorale.

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